Onorevoli Colleghi! - La felice posizione geografica di Verona, situata tra la pianura padana e le Prealpi, all'incrocio tra due importanti direttrici di collegamento, quella verso il nord Europa e quella verso i Paesi dell'est, ha determinato il peso commerciale, culturale e strategico che la città ha mantenuto attraverso i secoli.

      Il luogo, difeso naturalmente dai colli e dall'Adige, assunse rilevanza fin dalla preistoria, tanto da essere rafforzato nel corso dei secoli con mura e fortificazioni durante le molte dominazioni che si susseguirono: romana, scaligera, veneziana, fino alle opere realizzate sotto l'Impero austriaco, ultimo grande costruttore di opere militari. Quello che resta di questo enorme patrimonio storico-monumentale fa di Verona la città fortificata per eccellenza, tanto che nel 2000, ai sensi della convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972, resa esecutiva dalla legge 6 aprile 1977, n. 184, l'intero centro storico di Verona è stato riconosciuto dall'UNESCO quale sito del Patrimonio mondiale dell'umanità: «Città d'arte e cultura, ha conservato un numero riguardevole di monumenti dell'antichità, del Medioevo e del Rinascimento, e rappresenta un eccezionale esempio di roccaforte militare».

      L'eccezionalità del luogo è data anche dall'articolazione del sistema ambientale e paesaggistico che, godendo degli effetti mitigatori del Lago di Garda, della protezione delle colline a nord e dell'Adige che l'attraversa, possiede una varietà morfologica, climatica e di vegetazione tra le più interessanti del settentrione.

Le mura e i forti: tre sistemi architettonici e ambientali.

      A compimento di una secolare evoluzione storica, dall'età romana al XIX secolo, Verona assume, in epoca asburgica

 

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(1814-1866), il grandioso assetto a piazzaforte che la rese celebre in Europa come cardine del leggendario Quadrilatero (kuk venezianische Festungsviereck).
      La complessa struttura difensiva di Verona, per semplificazione pratica, può essere divisa in tre parti o sistemi di opere fortificate:

          1) la Cinta magistrale o Mura magistrali urbane, a destra e a sinistra dell'Adige;

          2) i Forti collinari, a sinistra dell'Adige;

          3) i Forti di pianura, a destra dell'Adige.

      Ancor oggi, con non trascurabile incidenza figurativa, le fortificazioni imprimono al paesaggio della città un carattere originale, precostituendo, nello stesso tempo, una cospicua riserva di spazi verdi, di speciale connotazione storico-monumentale, disponibili a molteplici utilità di ordine collettivo.

      I tre sistemi di opere fortificate si individuano per la continuità spaziale delle loro strutture, persistenti nell'organismo urbano attuale, nonché per l'omogeneità delle situazioni fisiche e ambientali nelle quali sono inseriti.
      I tre sistemi possono essere così descritti:

          1) Mura magistrali: si tratta della cerchia muraria urbana vera e propria, agganciata alle opposte rive dell'Adige, che delimita il centro storico. Venne restaurata e riedificata, conservando le preesistenze scaligere e venete, dall'Impero d'Austria dopo lo smantellamento napoleonico. L'insieme delle sue opere è ragguardevole per la complessità del sito d'impianto (pianura, fiume, collina), per l'evidenza paesistica e per la varietà architettonica. Qui si raccolgono opere murarie, opere di terra e vuoti prospettici dilatati sugli ampi spazi di pertinenza esterni e interni: opere originate dalle ferree leggi della guerra, oggi divenute un continuum spaziale di «architetture del verde»;

          2) Forti collinari: la complessa e suggestiva orografia collinare a settentrione della città (a sinistra dell'Adige) è costellata da una originale disposizione di piccole opere fortificate (torri casamattate circolari, forti), isolate su posizioni dominanti, in reciproca relazione prospettica e a visibilità illimitata da grande distanza. A oriente della Valpantena il sistema si completa con le due fortificazioni del crinale di Montorio. Il quadro ambientale, naturalistico e fortificatorio appare relativamente poco trasformato rispetto alla condizione originaria;

          3) Forti di pianura: una duplice schiera arcuata di Forti esterni si protendeva nella campagna, da meridione ad occidente della città, sulla riva destra dell'Adige; furono edificati a partire dalla prima metà dell'ottocento. Le architetture fortificate, in sito campestre pianeggiante, erano adattate al terreno con studiati accorgimenti di mimetismo naturalistico e di defilamento balistico. A esclusione del settore nord-occidentale, questo sistema di opere fortificate è stato quasi completamente investito dalla crescita novecentesca della città, che ha assimilato nel tessuto urbano le preesistenze fortificate. I grandi Forti di pianura, con le loro vaste pertinenze demaniali, configurano gli ultimi capisaldi di una «cintura di verde», preziosa per la città, ricomponibile con i frammenti e i lacerti della campagna superstite.

      Nel disegno dei grandi parchi urbani e delle zone ambientali protette, delineato dagli strumenti urbanistici, i tre sistemi delle fortificazioni, qui descritti, simultaneamente spazi verdi e luoghi di speciale suggestione storica e monumentale, si collocano come insostituibili strutture di continuità e di congiunzione tra i distinti ambiti di pregio naturalistico.

      L'istituzione del Parco nazionale delle Mura e dei Forti di Verona potrà salvare dalla distruzione un quadro paesistico irripetibile. Le fortificazioni di Verona, infatti, non sono da osservare come singoli monumenti, oggetti da museo, ma come

 

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parte di un insieme che comprende anche il paesaggio della città, l'Adige, la campagna e la collina.
      Da anni a Verona si discute sulla necessità del recupero del patrimonio delle fortificazioni militari. Negli ultimi tempi qualcosa è stato fatto in parte con l'intervento diretto dell'amministrazione comunale, in parte per merito di Legambiente volontariato che ha coinvolto istituzioni come la prefettura-ufficio territoriale del Governo e la Fondazione Cariverona, ma in rapporto al complesso di opere da recuperare si tratta di poca cosa e appare sempre più evidente che le forze della città non sono sufficienti per intraprendere un lavoro di recupero che dovrebbe essere di respiro nazionale ed europeo.
      Appare infatti un'impresa immane per una città delle dimensioni di Verona gestire un patrimonio di fortificazioni che, solo riferito alle due più recenti dominazioni, quella veneziana nel cinquecento e quella austriaca nell'ottocento, era finanziato e gestito dai governi tra i più potenti e meglio organizzati dell'epoca.

      Un'altra emergenza che induce all'istituzione di un parco unitario delle fortificazioni è riferita all'eccessiva frammentazione della proprietà giuridica delle opere. Diversi, infatti, sono i soggetti proprietari e concessionari: il demanio dello Stato, il demanio pubblico dello Stato, il demanio militare, il comune e anche soggetti privati.

      Il concetto alla base dell'istituzione del Parco nazionale è abbastanza semplice: creare un collegamento tra tutte le opere fortificate dei tre sistemi ambientali del territorio comunale (collina, pianura, fiume) usufruendo di tutti quegli spazi non ancora edificati e comunque non edificabili nelle previsioni urbanistiche. Inoltre i tre sistemi fortificati saranno il tramite di collegamento e di coordinamento tra i parchi naturalistici e gli ambienti protetti già previsti dagli strumenti urbanistici, quali il piano di assetto del territorio comunale (PAT).

      È possibile anche creare nella parte di pianura della città un corridoio naturalistico e chiudere a sud il cerchio delle connessioni ecologiche. Solo in questo modo potrà essere realizzata la compatibilità tra sviluppo urbanistico e ambiente che ci viene richiesta dall'Italia e dall'Europa attraverso: il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la cosiddetta «direttiva habitat», direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 e la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, resa esecutiva dalla legge 9 gennaio 2006, n. 14.

L'ambiente dell'Adige.

      L'Adige scorre fino a Verona con forza e velocità cingendo la città in una doppia ansa. Prima di perdere energia tocca le colline in un solo punto all'altezza di un antico guado, punto di collegamento tra le due direttrici est-ovest e nord-sud e quindi nodo strategico del sistema delle comunicazioni e cuore della città. Luogo oggi diventato simbolo di Verona con un paesaggio che in pochissimo spazio la riassume nei suoi aspetti più spettacolari: la collina, il fiume e la pianura.
      Nelle sue millenarie evoluzioni l'Adige ha cambiato molte volte l'alveo, ha esondato trascinando con sé materiali alluvionali provenienti dalle alte valli trentine e altoatesine, ha modellato il territorio veronese con ampi terrazzamenti di sabbie, ghiaie e ciottoli, materiali che sono stati e sono tuttora indispensabili alla costruzione della città.
      Nel tratto urbano si sono attestate le fortificazioni della cinta magistrale formando un formidabile sistema di protezione integrato fiume - mura che costituisce l'emblema di Verona fortificata.

      L'Adige è interessato da due siti di interesse comunitario (aree SIC): il primo SIC IT3210042 «Fiume Adige tra Verona est e Legnago» si colloca nella zona sud-orientale della città. Il secondo SIC IT3210043 «Fiume Adige tra Belluno veronese e Verona ovest» si trova nel tratto di fiume nord-occidentale a monte del territorio comunale.

      Nel 2005 il consiglio comunale ha istituito ufficialmente il Parco dell'Adige

 

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come «area naturale protetta di interesse locale». Nell'ambito del Parco le rive del fiume hanno conservato una parte della originaria copertura vegetale che fino all'inizio del secolo scorso si estendeva in ampie aree boscate: «Si pensi al Bosco Mantico, di cui si hanno ridottissimi resti e ai boschi fluviali maggiormente estesi a valle del centro cittadino, soprattutto in corrispondenza dell'area ribassata di San Michele» (PAT).

      A valle della città si trovano ancora aree boscate di una certa consistenza, la maggiore delle quali è rappresentata dall'Isola del Pestrino con analoghe presenze vegetali.

L'ambiente delle colline.

      Le colline a nord di Verona appartengono al più ampio complesso delle Prealpi venete che nel veronese prendono il nome di Monti Lessini e qui ne costituiscono la parte più meridionale. Le dolci ondulazioni delle dorsali terrazzate e coltivate a vigne e a ulivi disseminate di ville storiche e di corti rurali segnate dai cipressi si alternano alle praterie aride e a profondi solchi vallivi (vaj) di fondovalle incisi nella roccia e circondati da boschi e da forre.

      La varietà dei panorami, il clima dolce e la presenza di componenti paesaggistiche «minori» (capitelli, lavatoi, orti recintati, muri a secco eccetera) sono percepibili percorrendo una fitta rete di sentieri, alcuni dei quali di antica provenienza. Tra questi occorre menzionare la «Dorsale delle frazioni» che collega le principali località collinari con andamento est-ovest e, più importante ancora, il sentiero europeo E5 che, partendo dal Lago di Costanza con andamento nord ovest- sud est, dopo un percorso di circa 600 chilometri termina a Verona nella frazione di Avesa.

      Tra le aree boscate si trovano ampie zone coltivate, anche se da diversi anni in regresso. Le opere di sistemazione dei versanti, con la costruzione di muri a secco (le marogne), alternate alle coltivazioni di ulivi e, in quantità minore, di vigne e di ciliegi, costituiscono una delle caratteristiche peculiari del paesaggio collinare.

Le unità ecosistemiche dei vaj di Quinzano, Borago e Galina.

      Nell'ambito di questa unità ecosistemica si trova il SIC IT3210012 denominato «Val Galina e Progno Borago», uno dei territori che, per la presenza di specie florofaunistiche di elevato pregio ambientale, l'Unione europea ha ritenuto meritevole di tutela. L'area si estende per 989 ettari nei comuni di Verona, Negrar e Grezzana.

      All'interno dell'area del SIC è stata istituita nel 1993 l'«Oasi naturale del Vajo Galina». In essa vigono tutte le norme di salvaguardia previste dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, per il rifugio, la riproduzione e la sosta della fauna selvatica.

 

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